La
nascita psicologica della individualità umana
di Claudio Messori
La produzione
culturale delle comunità umane è un fenomeno il cui esordio è
relativamente recente nella storia filogenetica della specie umana ed è
una conseguenza della nascita psicologica della individualità
umana.

Machig Labdron
(1055-1153 d.C.)
Maestra fondatrice della
pratica del Chod |
La nascita psicologica
rappresenta una condizione psichica entro i cui confini si misurano
due orizzonti esistenziali, uno in cui prevale una relazione di
contiguità con l’ambiente e l’altro in cui prevale una relazione
di continuità. Il primo è dato dalla percezione di sé come
soggetto distinto e relativamente indipendente dal resto del mondo,
mentre il secondo è dato dalla percezione di sé come manifestazione
indistinta dalle altre manifestazioni.
Prima della sua nascita
psicologica, l’essere umano percepisce l’ambiente come
un flusso di eventi interconnessi animati e sostanziati da modalità
ritmiche diverse, da alternanze che scandiscono il divenire di un
ambiente entro il quale si trova letteralmente immerso, e nei
confronti del quale intrattiene una modalità relazionale
essenzialmente imitativa. Il modulo imitativo discende dalla matrice
poliritmica della attitudine relazionale umana , una matrice che
per un verso gli consente di percepire e riprodurre come nessun
altro animale i ritmi che definiscono le manifestazioni della realtà
circostante, e che per l’altro verso gli consente di assolvere alle
esigenze legate alla sua sopravvivenza senza dover ricorrere a
strategie adattive propriamente cognitive. |
Per oltre due milioni di anni migliaia di
generazioni di animali homo sono sopravvissuti e si sono
conquistati un posto stabile sul pianeta immedesimandosi e riproducendo
il comportamento degli eventi naturali, degli antenati e di altri
animali, nei confronti dei quali l’animale homo intrattiene un vero
e proprio rapporto privilegiato di parentela, divenendo essi stessi suoi
antenati.
Questi furono l’ambiente e la modalità
relazionale e adattiva che dominarono i percorsi per l’autosussistenza
del genere umano, una condizione il cui primato venne interrotto a partire
da trentamila anni fa circa con l’introduzione - e il successivo
diffondersi - di forme di approvvigionamento alimentare ricavate dalla
nascente coltivazione cerealicola e dall’allevamento di bestiame.
In termini di sopravvivenza, il guadagno
energetico complessivo (fisico e psichico) ottenuto con la disponibilità
di fonti nutrizionali quantitativamente e qualitativamente controllabili,
avviò un numero via via crescente di insediamenti umani verso prospettive,
strategie e competenze adattive senza precedenti.
L’impossessarsi della potenza generatrice
della Natura attraverso la coltivazione e l’allevamento ebbe delle
ripercussioni drammatiche e al tempo stesso straordinarie: da questo
momento in poi homo sapiens si trova a fare i conti sia con la
possibilità di essere una individualità distinta dal resto del mondo, sia
con la necessità di assegnarsi un ruolo nel mondo.
La produzione culturale viene a descrivere
le ricadute adattive e sovradattive che la nascita psicologica
dell’individualità umana produsse, sia sul piano psicologico che su quello
esistenziale, attraverso un susseguirsi di accadimenti dispiegati tra ciò
che, di volta in volta, viene conosciuto e ciò che viene ignorato, in un
percorso ad ostacoli che ancora oggi ci vede intenti a familiarizzare
con noi stessi e con il Mondo.
Con la sua nascita psicologica,
l’essere umano si scopre mortale e viene catapultato in una dimensione
psichica e comportamentale che contempla la elaborazione di diverse
esperienze percettive, prime fra tutte quelle sperimentate durante la
veglia e durante il sonno, alla luce del giorno e nell’oscurità della
notte. Da questa elaborazione, emerge il fatto culturale, espressione
della collocazione e dell’orientamento spaziale e temporale assunti dalla
individualità umana nel mondo, un mondo che non sarà più solo percepito,
ma anche interpretato, rappresentato e adattato ai propri orizzonti
interpretativi, ai propri sogni e ai propri incubi.
Con la nascita psicologica il
territorio psichico dell’Io e del Mio emerge dal turbolento oceano
dell’inconscio come la terraferma del Genesi emerge dal diluvio
universale.
Impossessarsi della potenza generatrice
della Natura segna la fine di una umanità sino ad allora indivisa e
l’inizio di una umanità divisa dalla facoltà di discernimento propria del
pensiero cognitivo. Il pensiero cognitivo, sia nella sua forma
pre-razionale (magico-simbolica) che in quella razionale
(logico-astratta), scinde il Mondo in una parte che
percepisce-osserva-giudica e una parte percepita-osservata-giudicata,
confinandoci in una dimensione soggettiva e dualistica della realtà.
L’esistenza e l’esistente vengono interpretati e animati mediante coppie
di contrari (antinomie) che orbitano intorno ad un unico obiettivo:
consolidare e ampliare il controllo sulle forze della Natura al fine di
accrescere il controllo dell’individualità umana sui propri simili e su
ciò che ci circonda, vuoi per fini adattivi e sovradattivi, vuoi per
volontà di potenza fine a se stessa.
Tuttavia, benché l’individualità umana
possa essere declinata tanto al maschile quanto al femminile, nella
scissione del mondo concepita e operata da homo sapiens et faber fu
e resta l’individualità maschile a trovare le ragioni necessarie e
sufficienti per autoproclamarsi detentore e artefice del controllo sulla
Natura e, per analogia, sull’individualità femminile, assimilata alla
Natura perché portatrice biologica della medesima potenza generatrice.
Gli effetti sulle donne furono e restano
devastanti.
A tutt’oggi l’Organizzazione Mondiale
della Sanità (OMS) segnala come la violenza sulle donne di qualsiasi età
sia in assoluto la violenza più diffusa nel mondo e una delle maggiori
cause di emarginazione, di disabilità e di morte. Ancora più diffusa è la
convinzione o la propensione a credere che la responsabilità per i mali
che affliggono l’umanità, tra i quali non sempre e non per tutti figura
l’asservimento della donna al potere del maschio, ricada almeno in parte
su di un principio malefico universale, retaggio dell’antica propensione
dell’uomo-stregone paleolitico a dividere il Mondo tra forze del Bene e
oscure forze del Male. Fortunatamente non tutti la pensano allo stesso
modo. Ennio Flaiano ironicamente sintetizzazava la propria opinione sul
comportamento umano con un secco La madre dei cretini è sempre incinta.
A volte la stupidità è una tara genetica,
ma il più delle volte non la è, e stupidi si diventa.
Il terreno più fertile per il seme della
stupidità è l’ignoranza. Innaffiare l’ignoranza con le inclinazione meno
nobili, di cui l’essere umano non è privo, è come gettare benzina sul
fuoco. Tanto più serrato si fa il legame tra l’oggetto dell’ignoranza e
l’attaccamento verso queste inclinazioni, tanto più il fuoco della
stupidità divampa con conseguenze spesso inenarrabili.
Ignorare qualcosa di ciò che ci riguarda
da vicino, o comunque qualcosa di cui sarebbe opportuno essere
consapevoli, è un limite comune a tutti, nessuno escluso, un limite il cui
peso è ripartito tra chi non può e chi non vuole prendere atto della
propria e della altrui condizione di ignoranza, e tra chi ne fa e chi non
ne fa un motivo di vanto.
Quando il vuoto di conoscenza consegnato
dall’ignoranza viene colmato dall’attaccamento morboso verso i propri
limiti, primo fra tutti l’attaccamento verso il proprio Ego e verso il
proprio corpo, la cui corruttibilità e impermanenza è fonte di grande
frustrazione e sofferenza, il comportamento che ne consegue non potrà non
essere in qualche misura stupido.
La storia è lastricata di esempi di
stupidità. Quelli al maschile fanno la storia e sono ricaduti, ricadono e
ricadranno a danno di tutti, ma soprattutto a danno della individualità e
del corpo femminile: gli induisti sopprimono i feti se sono di femmine; i
buddisti ritengono che la rinascita femminile sia inferiore a quella
maschile; i taoisti e i confuciani associano la donna allo Yin e alla
inferiorità e il maschio allo Yang e alla superiorità; i musulmani
considerano la donna per sua natura impura; i discendenti di Abramo
associano la donna al peccato originale e al Male; gli africani fanno
scempio degli organi genitali femminili per marchiare con il sangue la
sottomissione delle donne al maschio .
Dopo il possesso della potenza generatrice
dell’elemento terra-acqua, che caratterizzò la
rappresentazione interna della realtà esterna e l’incedere delle comunità
stanziali dedite alla coltivazione e delle comunità nomadi dedite alla
transumanza, arrivò il possesso della potenza trasformatrice dell’elemento
fuoco e lo sviluppo delle civiltà metallurgiche e imperiali.
Via via sino ai giorni nostri, giorni in
cui la corsa per il possesso della potenza racchiusa nell’atomo e nel gene
apre al maschio la possibilità di autogenerarsi in vitro….. e di
svincolarsi dalle interferenze di una buona altra metà del mondo?
Claudio Messori
aprile 2006

Bibliografia essenziale:
- C. G. Jung, La
psicologia dell'inconscio, Newton Compton Editori, 1989
- C. G. Jung, Tipi
psicologici, Newton Comptom Editori, 1993
- C.G. Jung, Libido,
simboli e trasformazioni, Newton Comptom Editori, 1993
- Mircea Eliade, Storia
delle credenze e delle idee religiose, Vol. I, Sansoni Editore 1999
- Mircea Eliade,
Trattato di storia delle religioni, Bollati Boringhieri, 1999
- Marius Schneider, Gli
animali simbolici, Rusconi Editore, 1986
- Namkhai Norbu, Adriano
Clemente, La Suprema Sorgente, Ubaldini Editore, 1997