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La redazione
de “Le Ali di Ermes” invita i lettori ad un gesto di
solidarietà con il popolo tibetano.
Per
farlo, basta seguire i suggerimenti dell’associazione ASIA, che in
questi ultimi anni ha raggiunto importanti risultati in Tibet, India,
Nepal e Sri Lanka grazie all’importante contributo dei suoi sostenitori.
Aiutala anche tu!
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Ricordiamo a tutti che ogni
donazione ad ASIA è fiscalmente deducibile. Per saperne di più clicca
qui.
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Lhasa, 14.3.2008 (tratta dal sito
http://www.italiatibet.org/)
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La Redazione de “Le Ali di Ermes”
condanna fermamente l’oppressione del popolo tibetano e invita tutti i
suoi lettori a esprimere una protesta nei confronti del governo cinese,
che ancora oggi prosegue una politica che da 58 anni è volta alla
distruzione sistematica dell’antica civiltà tibetana e dell’identità del
suo popolo.
(p.p.)
Segnaliamo, fra i diversi
siti che consentono di inviare un appello in favore dei diritti umani del
popolo tibetano, quello di Amnesty International, Sezione Italiana,
http://www.amnesty.it/appelli/azioni_urgenti/Tibet?page=azioni_urgenti
e il blog di Beppe Grillo,
http://www2.beppegrillo.it/iniziative/free_tibet.php.
Inoltre, per approfondire il tema, consigliamo i seguenti siti:
http://www.italiatibet.org/,
www.comunitatibetana.org,
http://www.savetibet.org/campaigns/index.php (in
inglese),
http://it.wikipedia.org/wiki/Storia_del_Tibet
e
http://www.casadeltibet.it/files/Storia_del_Tibet.pdf.
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Focus –
di Cosimo Alberto Russo
La rivolta di questi
giorni a Lhasa e nelle altre province tibetane ha riportato allattenzione
distratta del pubblico occidentale la questione tibetana. Probabilmente
senza lavvicinarsi dei giochi olimpici (che avranno luogo in Cina) non si
avrebbe avuta né la rivolta dei tibetani, né il risalto che essa ha sui
mass media. Purtroppo molte inesattezze sono state scritte e dette sulla
situazione in Tibet e sulla sua storia recente. Si legge da molte parti
che lattuale ribellione è dovuta al desiderio di indipendenza del popolo
tibetano, ma non si dice che il Tibet ERA uno stato indipendente che è
stato occupato militarmente dalla Repubblica popolare cinese nel 1950. La
realtà quindi è data da un movimento di resistenza contro un paese
occupante, movimento di popolo mai sopito dal giorno dellinvasione. Non
si ricordano neanche le stragi compiute dai cinesi nel 1959 e in seguito
con la cosiddetta rivoluzione culturale (1966 68). In pratica si stima
che 1/6 della popolazione del Tibet sia stato ucciso dai cinesi dal 1950
ad oggi (circa un milione duecentomila persone).
Oggi vivono in esilio,
dispersi in varie parti del mondo ma in gran parte in India, circa 130.000
tibetani. Le condizioni di vita della residua popolazione autoctona delle
province tibetane sotto dominio cinese sono molto dure; vi è stato un
forte flusso migratorio cinese che oggi rappresentano la maggioranza degli
abitanti del Tibet, la cultura e la religione tibetana sono perseguitate e
ridotte alla semiclandestinità. I monasteri sono stati in gran parte
distrutti, i pochi ricostruiti faticano a trovare maestri per una quantità
di giovani oramai in gran parte dimentichi delle loro origini culturali.
Ecco perché il Dalai Lama parla di genocidio culturale.
A tutto ciò va aggiunto il degrado ambientale
portato dai cinesi, con una deforestazione selvaggia (non tutto il Tibet è
un altopiano desolato), attività minerarie (anche nei luoghi sacri per i
tibetani) e la creazione di siti di stoccaggio di scorie atomiche.
Purtroppo la Repubblica popolare cinese è oggi
una potenza economica di cui il mondo occidentale non può fare a meno;
ecco spiegate le quasi inesistenti iniziative dei governi occidentali a
difesa del popolo tibetano. Non fa piacere scriverlo, ma ha ragione il
Dalai Lama nel sentire lo sconforto per qualcosa di terribile che potrebbe
ancora avvenire al suo sfortunato popolo.
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