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Nel tronco incavato, poesie di Federico Guastella


 

Martedì, 16 giugno 2009, presso il
Centro Ludens di  Ragusa, il prof. Giorgio Flaccavento e il prof. Totò
Stella hanno presentato la silloge di poesie di Federico Guastella, “Nel tronco
incavato”. Pubblichiamo di seguito alcuni brani tratti dalla introduzione del
prof. Salvatore Stella, la poesia “Canto d’amore”, tratta dalla
silloge e l’inedita “Transfert”, per gentile concessione
dell’Autore.
          
(p.p.)

 

Nel
tronco incavato, di Federico Guastella – ed. Genius Loci, Ragusa,
2009

“Nel tronco incavato”,
di Federico Guastella

di Salvatore
Stella

(tratto
dall’Introduzione)

“Nel
tronco incavato
si intitola la
silloge poetica di Federico Guastella che riprende il titolo e parte di
un verso – una lirica che si propone al lettore come una sorta di
baricentro della sensibilità della vita e della percezione
dell’esistenza da parte dell’ Autore, una chiave di lettura dello
sguardo, su cui, poi, l’intelligenza, l’esperienza, la fantasia, la fede
scriveranno riflessioni, speranze, ricordi, valutazioni che possono
aprire squarci e attivare folgorazioni improvvise.

L’Autore sembra
riproporre una rilettura cosmica del “Gelsomino notturno” di Pascoli,
che, superando ogni residuo intimistico ed emozionale, ritrova nel
“tronco incavato”, al di là della misteriosa germinazione nel calice del
fiore, delle erbe cresciute sulla terra dei morti, dell’alcova che
s’avvolge di oscura vitalità, un simbolo di rinascita. Gli oggetti che
definiscono la quotidianità rurale e le salde sicurezze a cui ci si
aggrappa nel turbine della vita, il “sedile di pietra” costruito accanto
al gelso bianco, sono inghiottiti tutti nel tronco incavato, che si
trasforma in uno scrigno che serra dentro di sé “il silenzio indefinito”
e il suo “forse segreto d’eternità”. Il tronco incavato diventa così un
utero che nasconde l’ipotesi d’una verità cosmica che introduce
all’eternità.


Su questo
humus esistenziale Federico Guastella costruisce
riflessioni ulteriori, tenta di delineare significati, seguendo il filo
della memoria, salvando tracce di speranza, pesando su questa bilancia di
infinito gli egoismi che rendono ancora più oscuro il vivere quotidiano,
facendosi rapire dall’irresistibile fascinazione della parola e della
visione, dell’ emozione e degli affetti, cercando con estremo pudore ma
con cura e delicatezza quei fili misteriosi che ci guidano verso la
bellezza, la spiritualità.

(…)
La prima parte della raccolta – “Richiami” – , che comprende nove poesie,
dipana il filo della memoria alla ricerca dell’ aurora e del crepuscolo
dei sentimenti e delle emozioni che si sprigionano dalla straordinaria
bellezza e dell’ eros in una scena cosmica di luce solare e lunare,
in cui le piante, la pioggia, la terra, le dimore degli uomini, le
creature della natura diventano veicoli di significati che nutrono
speranze e attese, ma anche declinano il misterioso finire di una
irripetibile stagione: “La luna che amammo innocenti s’appannava / di
nebbia sul fiume vagabondo senza nome”.

E’ un’ accorata ricerca del
tempo perduto ancora più struggente perché modulata sull’inseparabilità
della luce e della tenebra, della gioia e del dolore, della confidenza e
dell’ estraneità. Solo un momento di tregua a questa drammatica dialettica
degli opposti: Canto d’amore sviluppa senza residui la dimensione
religiosa e rituale dell’ eros, in una riproposizione alchemica
della fusione degli amanti, che lascia una traccia luminosa nell’incavo
dell’innesto misterioso.

 (…) Difficile trovare
fonti dirette di questa poetica dello straniamento, di un’invenzione
linguistica che piega le folgorazioni metaforiche e figurali ad una
meditazione sul destino dell’uomo e dell’universo, sulla memoria, sulle
attese e le speranze possibili. La silloge ha un incipit che
richiama una citazione di Parmenide, filosofo dell’ at­timo
eterno
in cui si incontrano la luce e la notte oscura. Certo,
si tratta di una formula filosofica che può essere avvertita anche come
positiva e saggia conciliazione degli opposti, delle diversità, delle
aspirazioni, delle sofferenze e delle contraddizioni che caratterizzano il
vivere; e tuttavia, per quanti sforzi logici si possano fare nessuna
ragione può dare risposta alla desolata domanda che emana incoercibile dal
vivere quotidiano e che indusse Schopenhauer a definirne sprezzantemente
Hegel il “sicario della ragione”.

Alla citazione di Parmenide
si contrappone, però, e fin dal principio con pari dignità, una citazione
di David Maria Turoldo, una citazione lunga, che sconvolge la nichilista
quiete dell’Essere, facendo irrompere la vita come un fiume in piena che
sconvolge gli argini della razionalità disincarnata. E’ una verità
sconvolgente quel­la che annuncia
Turoldo: la vita che ci ritroviamo a vivere non è quella che avremmo
dovuto vivere, non è la nostra vita e più di ogni ragionamento è il
rimpianto di ciò che saremmo potuti essere e non siamo stati a muovere il
nostro pensiero, le nostre emozioni e le nostre ansie e le nostre
speranze.

Da questa constatazione,
più o meno consapevole, ma che è alla radice dell’ esistenza, si sprigiona
quel movimento a spirale di desideri e di emozioni che ci disincaglia
dalla palude e che riesce a farci cogliere i frutti dolci e amari della
nostalgia e della memoria e a darci la forza per guardare oltre la nebbia
dell’inverno, oltre i limiti della collina, a nutrire le speranze del
vivere.

Quando la giornata della
nostra vita ha passato il mezzogiorno e si inoltra verso il pomeriggio
dalle ombre sempre più lunghe, quando lo sguardo indugia più volentieri
sulla memoria, è allora che reagiscono in una nuova sintesi alchemica il
disincanto e la speranza, lo spaesamento e la scoperta di nuovi astri
nella costellazione dei nostri valori-guida. I modi con cui ciascuno darà
forma a questo nuovo sguardo sul mondo sono tanti, teoretici, pragmatici,
artistici, religiosi …

La poesia è stato lo
strumento raffinato e versatile scelto da Federico Guastella per
sviluppare questa esplorazione del labirinto della coscienza e della
libertà, per dare corpo alle immagini come commutatori del sentire, per
affidarsi all’alveo della memoria e dell’ attesa.”               

 


Salvatore Stella

Ragusa,
maggio 2009

 


 

 


                     


Canto d’amore

Canto d’amore è goccia di
rugiada

che
si
posa sull’ erba al mattino.

Con lui danzano il sole e la
luna

nell‘incavo
dell’innesto misterioso

e la
voce
dà fremiti di gioia

ai petali di
rosa, e ritmo all’ aria

che
da
cielo a cielo ne sparge

il profumo.

Ora che si congiungono i
giorni,

è leggerezza
di luce il richiamo

che
viene
dalle sue parole.

Con lui
affidiamo promesse

al domani e attendiamo il
tremolio

d’una stella
quando lieve la sera

schiude il
ventaglio dei sogni.

                                                    

                                                   
Federico Guastella

 

 


 

   

Siamo lieti di
pubblicare, per gentile concessione dell’Autore, la poesia “Transfert”,
poesia inedita,

prescelta nel Concorso “Il Federiciano” e pubblicata nell’omonimo libro

curato da Aletti editore.
  (p.p.)      

 

Transfert

 


La piazza dall’aria
frizzante,


il duomo come un
dromedario,


e le fioraie
rannicchiate


sotto i portici
brumosi.


Mi piacerebbe
rivederlo


quel paese di colline
rarefatte


fluttuante nella
mente,


e liberarmi della
nostalgia 


che artiglia.


Con la vista d’una
realtà


mutata dal tempo,


si perdono in volo


molecole di ricordi.
    

                                                   
Federico Guastella

 

 


 


L’Autore, Federico Guastella,

Ha organizzato e diretto, per le scuole, corsi
di aggiornamento su tematiche psico-pedagogiche; nei medesimi ha anche
tenuto relazioni con riguardo alla didattica della storia. Ha pubblicato le
seguenti opere:
Itinerari
teorico-pratici per la preparazione ai concorsi magistrali secondo

i
nuovi programmi
(in collaborazione),
1986;
Programmare nella scuola per
l’Infanzia,
1995. Saggi di pedagogia
sono apparsi nella rivista “Mondi vitali” dell’Istituto Statale “G.B. Vico”
– Ragusa (Liceo linguistico, Liceo sociopsicopedagogico. Liceo di scienze
sociali). Lo studio
Dall’unità
didattica alla didattica del modulo

si trova nel volume
Viaggio nella
scuola che cambia
(Ragusa, 2003).

Il contributo
Testimonianze della memoria storica negli iblei
è in
I segni dell’uomo nel territorio ragusano
(Distretto scolastico n. 52 di
Ragusa, 1994). Ha collaborato, pubblicando articoli su scrittori siciliani,
personaggi e luoghi del ragusano, a riviste, quali: “La Provincia di
Ragusa”, “Ragusa sera”, “Nuove prospettive”, “Pagine dal Sud” (edita dal
Centro Studi “E Rossittd’ di Ragusa). Per citare appena alcuni autori, ha
scritto su: Saverio Scrofani, Mariannina Coffa, Raffaele Poidomani, Turi
Vasile, Melo Freni, Matteo Collura.

Ha curato la prefazione al libro di racconti di
Saro Dipasquale
All’ombra
dell’allegro carrubo
(dicembre
2008).

Studioso di Serafino Amabile Guastella, sulla
cui opera sta ultimando, in collaborazione, una monografia, ha presentato il
suo contributo ai tre convegni di studio: Modica-Chiaramonte Gulfi, 13-16
marzo 1975; Chiaramonte Gulfi, 6-8 dicembre 1986 (la relazione è stata
pubblicata sulla rivista ‘Tachenio”, 7/10, Palermo 1985/86); Chiaramonte
Gulfi, 2-3 giugno 2000 (“Nuove Prospettive”, n.5, Ragusa 2001).

Alcuni suoi racconti hanno visto la luce sul
quotidiano “La Sicilia” di Catania e sul settimanale “Ragusa Sera”. Nel 1998
ha dato alle stampe il racconto lungo

La casa

di
campagna;
nel 2001
Una notte d’estate

e altri
racconti.

Sui suoi racconti hanno scritto vari autori;
tra essi, Michele Cataudella, in una nota (su “Il giornale di Scicli”, n.12,
17 giugno 2001) afferma tra l’altro:


Non sappiamo

– né
conta saperlo

– se si
tratta

di
vicende propriamente autobiografiche, ma
l’impegno artistico che le sostiene

ce
le fa apparire come riflesso da

un
lucido specchio

di memorie e di
vibrazioni

interiori,
anche quando

si
fondano sul contrasto tra sogno

e
realtà

e
perfino sul tema amaramente umoristico della
burla .
..
È evidente
in
questi racconti, il tentativo dell’autore
di
coniugare il diletto

estetico
con

un
appena accennato, ma non per questo
trascurabile, motivo etico,

in
un’affabulazione che offre al lettore
l’occasione
di
un
gradevole
e
sereno intrattenimento.

 

(note biografiche tratte da “Nel tronco
incavato”, ed. Genius Loci, Ragusa, 2009)

 


 

Siamo
lieti di pubblicare, in occasione del Natale 2010, una delicata lirica
inedita dell’Autore. 

 

Presepe
del mio Natale

 

E la Parola
che si fa Carne

annuncia la
cometa dicembrina.

E mi
ricordo del primo presepe:

pastori,
pecorelle, ciaramellari

nel
recinto della fantasia…

Mi resta
tanto del fiume di carta

stagnola
che sussurrava la magia

della
semplicità.

Ascolto!

Giungono
teneri i suoni dei pifferi,

e mi rivedo
a fianco della carovana

dinanzi
alla grotta di creta.

Come vorrei
tramutare in sogno

l’incertezza!

Urlo di
speranza la mia visione:

è acqua,
è aria, è terra e fuoco.

Nella
greppia del mio Presepe, ora

il
Bambinello nudo con le mani tese

abbraccia il
pianto degli afflitti.

 

Natale
2010                                                                                                                                              
Federico Guastella

 

 

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