Riflessioni (sulla vita…e sul buddismo), di Cosimo Alberto Russo

Si pensa che la vita abbia avuto inizio con la nascita di organismi monocellulari, come e perché non si sa. Questi organismi, con il passare degli anni (secoli e millenni), hanno dato luogo alla formazione di organismi pluricellulari, formati cioè dall’aggregazione di più cellule in un unico organismo più o meno complesso.

Cellula – Immagine tratta dal sito MeteoWeb

Si è avuto quindi l’inizio del lungo percorso evolutivo di piante e animali fino alla situazione attuale; ma ogni organismo pluricellulare (umani compresi) non è altro che l’aggregazione di miliardi di cellule connesse tra loro in modo molto elaborato.

Non è mia intenzione illustrare gli organismi viventi e le loro interazioni, mi interessa esporre alcune riflessioni estremamente personali che magari possono risultare interessanti per qualcuno.

Intanto va precisato cosa si intende per essere vivente: è qualcosa in grado di riprodursi autonomamente. Finora l’unico essere vivente che conosciamo è la cellula.

Infatti piante ed animali non sono altro che cellule aggregate che si riproducono formando altre cellule aggregate.

Queste cellule, sin dalla loro origine monocellulare, hanno come fine (almeno così appare) espandersi con la riproduzione e quindi aumentare di numero in modo esponenziale. Per far ciò hanno necessità di nutrirsi continuamente, e per questo non possono fare altro che divorarsi l’un l’altra, riproducendosi nel frattempo in maniera frenetica.

La vita non è altro, quindi, che un ribollire di cellule che si divorano e si riproducono forsennatamente.

Non è una descrizione particolarmente consolatoria e appagante, ma così è.

Possiamo pensare ad un osservatore nello spazio che vede il pianeta Terra; da lontano sembra un pianeta privo di vita, ma via via che l’osservatore si avvicina inizia a distinguere la presenza di animali e piante; più si avvicina, più vede la diversità biologica delle varie specie presenti, ma continuando ad osservare da vicino, fino ad entrare all’interno dei singoli corpi, scopre che tutti sono costituiti di cellule. Andando ancora più a fondo nello studio si accorge che le cellule non sono altro che un insieme di atomi (in massima parte atomi di carbonio e idrogeno) e poi ancora più in dettaglio particelle più piccole (protoni, neutroni, elettroni).

Ma andando ancora più vicino vedrà che anche alcune di queste particelle sono costituite da particelle ancora più piccole (quark) e, proseguendo, si renderà conto che in realtà non ci sono altro che quanti di energia (campi quantistici) che si esprimono sotto forma di particelle.

Ma rimanendo a livello delle cellule…questa visione, a suo modo terribile e quindi inaccettabile ai più, si può collegare al “primo giro della ruota del dharma” di Gautama (Siddharta, il Buddha della nostra epoca).

Siddharta, il Buddha -dal sito: Prashantpandyanet.wordpress

Il primo giro della ruota del dharma non è altro che il primo discorso tenuto da Gautama dopo “l’illuminazione”.In questo discorso il Buddha espose le “quattro Nobili Verità”:

 

  1. La vita è sofferenza
  2. L’origine della sofferenza è l’individuo (l’ego, l’io)
  3. Il superamento della sofferenza si ha con la fine dell’io
  4. La via per arrivare a ciò è la meditazione

La prima Nobile Verità mi sembra perfettamente comprensibile alla luce della visione della vita su esposta: cellule che si divorano e si moltiplicano.

Come si può superare la sofferenza se non uscendo da questo ciclo terribile di cannibalismo e riproduzione? Non c’è altra via!

Questo ciclo dell’esistenza è l’oceano del “samsara” senza fine, dove, anche morendo, si è subito cibo di altre cellule che daranno vita a nuovi organismi.

Il Buddha capì tutto questo e capì (dopo anni di meditazione e tentativi vani) che l’unica via per la “liberazione” è uscire definitivamente dalla vita: trasformarsi in pura energia! Nel buddismo tibetano si dice “realizzare il corpo di luce”, in fisica quantistica si potrebbe dire “dissolversi in quanti di luce”, tornare, cioè, alla vera natura dell’esistente: quanti di energia e campi quantistici.

Per far ciò bisogna iniziare a superare l’illusione (nell’induismo espressa con il termine maya) che gli organismi viventi esistano come singole entità; abbiamo visto già che non è così: sono semplici aggregati cellulari, uguali a qualsiasi altro organismo.

Il modo per arrivare alla comprensione e quindi alla conoscenza (il buddismo è noto come la via della conoscenza) è meditare.

Realizzare il “corpo di luce”…è un altro discorso.

Cosimo Alberto Russo

27 maggio 2018

“Ritmi” – Poesie di Federico Guastella

Siamo lieti di pubblicare due delle poesie dello scrittore e poeta Federico Guastella, appena pubblicate dall’editore  Libreria Editrice Urso di Avola (SR), per gentile concessione dell’Autore.

“Ritmi” di Federico Guastella, ed. Libreria Editrice Urso, Avola (SR), 2018

“Le poesie di Federico Guastella mostrano uno sguardo trasognato che s’apre a visioni suggestive quasi sempre di passione, di ardore, di attese e di scoperte. Continuo e instancabile è l’approccio che il poeta ha con l’Amore, vissuto ance in una dimensione ultra terrena fino a risolversi nell’infinito. (…). Non mancano venature di malinconia, ma è la gaiezza l’essenza dei componimenti di questa raccolta con cui l’Autore mostra la sua umanità aperta ai valori della speranza e della bellezza.” (tratto dalla Premessa).

 

Reti di anime

La notte soffia mistero fra le stelle, e ne stupisco.

Mistero d’inquietudine,

inquietudine di meraviglia.

Occhi lucenti scrutano distanze

da questa cerchia di monti.

Il sogno trafigge la stanca clessidra:

presagio di luce o cifra del nulla?

Mi sfugge il senso,

e sento che il desiderio cerca

reti d’anime in questi nostri

deserti di pietra.

Sorrido!

E ora è così grande quiete:

rinasce l’incontro

e umido, umido d’amore.

 

Mito

Mi piace guardare il sole

quando lento s’innalza

sull’orizzonte.

Incantesimo… E risuonano in me

i silenzi lungo i pendii dei colli.

Mi accoccolo entro il dono della luce.

Avanza sorridendo;

pettina la terra mentre le chiome

degli alberi luccicano di miele

da prendere in cucchiai d’argento.

Dimentico le prossime amarezze

e mi lascio accarezzare dal mistero

dell’alba.

Divento sogno e scivolo, estraniato,

oltre le colonne d’Ercole.

Sfioro con un soffio la vita non vissuta,

vibro con ciò che non è mai stato mio

e addolcisco la caffettiera che gorgoglia

con visioni rimaste senza storia.

Le porto in me: cristalli fantasiosi

di tante vite e di molti volti.

Il resto è sorte che scorre.

 

Federico Guastella

Marzo 2018

Federico Guastella

 

 

 

 

 

 

 

 

Ulteriori informazioni sull’Autore alla seguente pagina: Chi siamo?

 

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