Dalla raccolta “La linea
delle croci”, pubblicata recentemente.
IL MONDO A WALSINGHAM *
Non vanno più scalzi
i penitenti a Norfolk,
non pregano più
ora che li affannano soltanto
orrore e distruzione.
È scomparsa la stirpe
temeraria
che si legava all’albero
per dirigere la rotta.
L’ulivo e il bove
cedono a corvi e arpie
e trascina sfaceli la corrente
di Eraclito l’oscuro.
Non una chiave schiude
santuari:
s’affloscia lo spinnaker
mentre languono i cutter in
bonaccia.
Né promette più tregua l’arco
d’Iride.
Covoni d’ossa rotolano
trebbiate a Josafat.
Pure, vorrà tornare il mondo
ancora
a Walsingham.
E corvi e arpie a miriadi
vedremo sprofondare negli
abissi.
(*)
Nel Medioevo i marinai andavano scalzi in
pellegrinaggi nel Norfolk, al Santuario di Nostra Signora di Walsingham.
Vedasi Robert Lowell, Il Cimitero dei Quaccheri a Nantucket,
in Poesie, Longanesi, Milano 1972 p. 39.

IL MIO POGGIOLO
S’affaccia sullo Stretto il
mio poggiolo,
riflette il sole del mattino e
il raggio
della
luna. Vi sostano
gabbiani
ad ali chiuse,
ululando
messaggi incomprensibili.
Il mio poggiolo captai miei
pensieri,
consegna all’orizzonte
le fiamme ansiose delle mie
colombe.

Dalla raccolta “Solino blu”
(1996):
GUARDANDO IL MARE
Se la terra ha segnali per la
mantica
non è da meno il mare.
Mugoli o mormori
palpiti ha di vivente.
Dio chiamò mare
la selva delle acque
ottima tra le creature.
Guarda il mare
mira nella maestà dell’onda
il Parnaso e l’Elicona
osserva l’infido mutamento
del suo flusso
e rammenta
che solo se hai cose di
maschio
tu potrai misurarti con
Nettuno.

ANCHE OGGI
Qui, dalla mia torretta
mirando le alte antenne
di Scilla e di Cariddi
le formiche dello Stretto
il reale e l’irreale
odo il vagito del mattino
scorgo la trama delle ombre
dileguarsi soffusa al raggio
d’Helios.
E mentre mulina la mente
- anche oggi correranno offese
si imperleranno fronti
invano piaghe attenderanno il
cauterio -
sento vicina la mia fosca
amante
unica che non mi ignora
unica a salutarmi.

Dalla raccolta “Il periplo”
(1994):
LO SCOGLIO DI ULISSE
Nobile sei e incorrotto:
non ti hanno scalfito gorghi e
maree
nulla hanno potuto
gli adescamenti di Saturno
le tentazioni di Venere.

MORTE DEL PESCE SPADA
Chiesero forza ai vogatori
Dissero all’intinnere: -
attento!
al traffiniere: - è tuo!
Scoccò la fiocina
e un urlo salutò
il fiotto del tuo sangue.
Non ti servì la spada
e fu vano scartare
sui fondali.
Alla tua residua forza
dettero caloma.
“A bordo”, gridò il capo
barca.
Sull’ultima tua scia
Pianse il mare la tua sorte.
Eri venuto per amore e pastura
ma la fame dell’uomo
ti condusse a morte.
