Ayrton Senna: umanità e misticismo

Ayrton Senna: umanità e misticismo di un pilota indimenticabile

di Francesco Clemente

    “Nulla mi può separare dall’amore di Dio” 

(Lettera di San Paolo ai Romani, capitolo 8, versetto 39)

Il creatore di emozioni in pista: mi chiamo Ayrton e faccio il pilota

        Un adagio che sa di luogo comune è quello per il quale Dio abita nel silenzio, dunque è lì che bisogna incontrarlo. Il silenzio può essere ovunque. Anche nel parco dell’autodromo di Imola, nei pressi della famigerata curva Tamburello, proprio dove Ayrton Senna perse la vita nel 1994. Ecco, magari vicino alla statua che commemora il fuoriclasse brasiliano, è possibile godere dell’assenza di suoni e avvertire solo il sibilo di qualche refolo di vento a destarci da un fugace letargo di metà pomeriggio. Il carisma, poi, è davvero un mistero, una forza multiforme nella sua mondana manifestazione, incatturabile in nessuna formula, quindi irriproducibile. Esso è personale, inestricabilmente legato a chi lo ha avuto in dono.

Ayrton Senna all’età di tre anni.

        Nel caso di Ayrton Senna questa energia si è materializzata in atteggiamenti antidivistici, in un cipiglio malinconico, in una veste quasi meditabonda, tratti che tramutavano la sua tuta da corridore in un’uniforme ieratica, sormontata dal casco che ne negava il volto al mondo circostante. Eppure, questo brasiliano schivo, ai limiti della scontrosità, ha ammaliato masse di sportivi, di uomini comuni, che ne hanno avvertito la forza agonistica, la particolare cifra stilistica nello sfrecciare con la monoposto, un’esplosività non inferiore a quella provocata dalla scarica adrenalinica dei virtuosi del calcio. 

        Con Senna i gran premi diventavano delle corride, delle sortite funamboliche di puro spettacolo.  Perciò, si comprende come e perché quel menestrello di Lucio Dalla lo avesse accostato a Tazio Nuvolari, altra leggenda delle corse automobilistiche cui dedicò un brano strepitoso per testo e musica, un pezzo che ha la capacità di riprodurre a livello sonoro la forza dell’epica delle immagini in bianco e nero. Un omaggio sincero -quello di Dalla- che ha trovato il suo riscontro in un altro brano del cantautore bolognese, intitolato appunto Ayrton, canzone che gronda lirismo ad ogni nota grazie anche ad un testo dall’intimismo epistolare e all’assolo chitarristico da brividi di Ricky Portera. Allora, vale la pena ripercorrere alcuni dei tratti che hanno reso leggendario questo fuoriclasse delle monoposto, magari volgendo lo sguardo a ciò che nell’immediato ha calamitato l’entusiasmo dei tifosi, ma anche scovando quanto di più intimo celasse il suo sguardo in bilico fra il serioso e il malinconico, i suoi modi sbrigativi, le sue battute taglienti. Una vita e un talento che -a distanza di tempo- sembrano suggerire spunti esistenziali che vanno ben al di là dell’amarcord degli almanacchi sportivi. 

        In un’epoca contemporanea segnata dall’automazione che sfiora l’autocoscienza, dall’intelligenza artificiale, Senna e il suo mito portano con sé il valore del pilota   visto come l’anima del motore e non come un suo accessorio, testimone dell’alleanza fra uomo e macchina, ovvero della simbiosi che è stata ed è -per fortuna- l’essenza dell’automobilismo.

Ayrton Senna sul bagnato

Lo stile inconfondibile di Senna: coraggio, aggressività, creatività

        La velocità fulminea e l’aggressività di guida di Senna iniziarono a evidenziarsi già nell’estate del 1983, quando ancor prima di concludere la sua stagione in Formula 3, riuscì a convincere Frank Williams a concedergli un test su circuito di Donington Park. In quell’occasione, Senna stabilì un nuovo record per una Williams su quel tracciato, un risultato ancor più straordinario se si considera che il team, all’insaputa del pilota, aveva deliberatamente appesantito la vettura con 75 litri di carburante in più. Alla fine di quell’anno, anche Mc Laren e Brabham lo misero alla prova.

        L’unico a fare meglio di lui fu Nelson Piquet, allora campione del mondo in carica. Sebbene queste squadre prestigiose riconoscessero il suo talento, esitarono a offrirgli un contratto, ritenendolo ancora inesperto. Solo Ron Dennis gli presentò una proposta concreta. Ma nel 1984 la Toleman gli diede la grande occasione della Formula 1, facendolo esibire come pilota talentuoso e dal folgorante futuro. Sportivo dai metodi e dalla coscienza professionale all’avanguardia, come dimostra la sua convinzione che la Formula 1 impone lo sviluppo coordinato di efficienza fisica e di concentrazione mentale, la fusione virtuosa di corpo e mente, che inevitabilmente comportava un’attenzione scientifica ad aspetti legati al peso, all’alimentazione, alla preparazione atletica. Senna si allenava -infatti-  con costanza, dedicandosi alla corsa, al nuoto, al tennis, alla ginnastica, agli sport acquatici. 

Ayrton Senna al G.P. di Monaco

        Con ogni probabilità fu questa la formula che nel 1988 gli consentì di rifilare al suo eterno rivale Alain Prost nel gran premio di Monaco quasi un secondo e mezzo nel corso delle qualifiche, sciorinando una prestazione fra le più impressionanti della Formula 1. Oltre agli avversari particolarmente duri da battere, erano le condizioni avverse di guida ad esaltarne il talento. La pioggia era il suo terreno naturale. 

        Il 3 giugno 1984, sotto un diluvio che trasformò il circuito di Monaco in una piscina, Senna diede un saggio abbagliante della sua maestria sul bagnato. Alla sesta gara della stagione-nel suo quinto gran premio in carriera-affrontò la pioggia battente con una sicurezza che pochi avrebbero potuto eguagliare. Grazie a pneumatici da bagnato simili a quelli della Mc Laren, dimostrò una padronanza straordinaria della vettura, mentre molti avversari faticavano persino a mantenere la traiettoria. Il mantra di Senna era il continuo perfezionamento di se stesso, una sfida continua con le proprie capacità, un aspetto che emergeva anche nella messa a punto delle sue monoposto, giungendo anche fino a un’ora per il debriefing e registrando le audiocassette per fissare le sue impressioni sul motore, sul comportamento della vettura e su alcuni spunti per il miglioramento delle prestazioni. Da ciò si comprende l’affinità naturale con la Honda, i cui metodi di lavoro collimavano con i suoi. Anzi, forse quelli di Senna sopravanzavano quelli dei tecnici. Ecco perché, gli ingegneri dell’epoca erano impressionati dalla sua capacità di avvertire ciò che persino la telemetria più avanzata faticava a rilevare.

Il dialogo muto con Dio e la passione per l’uomo: fra celebrità e privato

        Il mondo ovattato e strombazzato dello sport rincorre i divi ma anche il suo pubblico, dando in pasto agli sportivi quanto risulti digeribile e soprattutto utile per celebrare la gloria dei propri eroi. Nel caso di Senna è inevitabile che il sui rapporto con la fede, con la spiritualità, non fosse proprio il punto forte della sua immagine pubblica. Eppure, questo aspetto appare determinante anche per spiegare il suo talento alla guida, la sua cifra stilistica, insomma quei bagliori accecanti prodotti dalle sue sfuriate in pista, scie saettanti che solcavano le piste di tutto il mondo. 

In questo caso-provando a mantenere una neutralità di giudizio- si può parlare di una frequenza di stati di alterazione di coscienza, le cui testimonianze dirette non possono lasciare indifferenti.  Di queste, se ne possono annoverare almeno un paio. Nel 1988 affermò-proprio quando umiliò Prost a Monaco- che non guidava in modo consapevole e che la sua istintività lo avesse trasportato in un’altra dimensione, andando oltre i limiti, ma in uno stato di singolare capacità di controllarli e spostarli più in là. Stando alle sue impressioni, il circuito era diventato un tunnel, in una condizione mentale di spavento ed esaltazione delle prestazioni raggiunte. Sempre nello stesso anno, in occasione del Gran premio del Giappone, dichiarò di aver avvertito la presenza di Dio vicino alla griglia di partenza, e addirittura di averlo visto con chiarezza mentre attraversava la pista all’ultimo giro di quella corsa esaltante. Affermazioni comprensibilmente controverse alla luce della comune ragionare, che non mancarono di pungolare la verve polemica del suo acerrimo rivale Prost.

Ayrton Senna, 1988

L’algido corridore francese lo tacciò di megalomania e autoesaltazione, fra l’altro piuttosto pericolose per altri piloti, anche perché allusive di una presunta immortalità in pista. Accuse rigettate dal pilota brasiliano, che-al contrario-ribatteva facendo notare che la fede in Dio era in lui sempre accompagnata dalla consapevolezza della morte incombente. 

        A proposito, secondo Viviane-la sorella di Senna- il fratello aveva l’abitudine di custodire una Bibbia, anche in pista, ai box, ovunque si trovasse. Il giorno della sua ultima gara, aprì la Bibbia e lesse un passo in cui si diceva che avrebbe ricevuto il dono più grande di tutti: Dio stesso. Senna animale da pista, ma anche un uomo delle stelle, un uomo di Dio, un amante dell’umanità. Come dimostra la beneficenza che ha fatto nel corso della sua esistenza, mantenendo circa trenta bambini in Brasile, ma come dimostra il suo impegno concreto per la difesa di piloti, per il miglioramento dei protocolli di sicurezza per le corse. Scolpito nella memoria rimase il suo gesto di salvare Erik Comas in seguito ad un incidente avvenuto nel 1992, mettendo a repentaglio la sua stessa vita. Ma ancora più sorprendente è ciò che accadde un anno prima, nel 1991, quando Senna conquistò forse la sua vittoria più iconica del suo talento unico, quel gran premio del Brasile che mancava nel novero delle sue gesta e che fu agguantato con l’utilizzo della sola sesta marcia a pochi giri dal termine della gara. Una prestazione da fantasia cinematografica oppure un saggio di cosa l’uomo potesse compiere lì dove la meccanica veniva meno. Al di là di ogni dubbio, con quella vittoria Senna sbalordì il mondo intero.

Senna: il mito sfreccia ancora

Ayrton Senna - Gran Premio d’Italia 1992

        Dopo la sua morte, il presidente del Brasile dell’epoca-Itamar Franco- fece osservare tre giorni di lutto nazionale, un riconoscimento suggellato poi con la Gran Croce dell’ordine al Merito, una delle onorificenze più alte del paese sudamericano. Di solito, si pensa al Brasile come la patria dove all’alba non sorge il sole, bensì un pallone da calcio, motivo per cui una celebrazione come quella che è stata riservata a Senna è degna di un dio dell’olimpo governatore del rettangolo verde.

        Basterebbe questo dato per comprenderne la grandezza, l’impatto nell’immaginario popolare di questo campione assoluto. Come basterebbero i record impressionanti, le 65 pole position conquistate in carriera, di cui 15 in 16 gare. Eppure, la freddezza seppur lusinghiera dei numeri non è in grado di restituire le reali dimensioni della potenza evocativa di questo pilota irripetibile. Qui, si è chiamati a dipanarne la matassa, complessa, ardua. Non è stato il pilota di formula 1 che ha vinto di più in assoluto, non è stato il più virtuoso, non è stato il più corretto. Senna non è stato il classico pilota modello, il tipo “buono” e anche “bello”. La sua è stata una personalità sfaccettata, fatta di gesti eclatanti, anche apertamente scorretti e premeditati. Emblematica è-in questo senso- l’episodio della collisione provocata ai danni di Prost nel 1989 in Giappone, che gli costò 100.000 dollari di multa e la privazione del titolo mondiale.  Così come sono rimaste memorabili certe sue interviste nelle quali emergeva una spigolosità evidente nei confronti dei suoi diretti rivali. Senna non era perfetto e forse non intendeva esserlo secondo i dettami del consorzio umano. 

        Piuttosto la sua era una tensione dionisiaca, sgorgante dalle forze più intime della vita, quelle materiate di soluzioni impensate, di risorse inopinate, di slanci esplosivi, di invenzioni uniche. In questo cimento di passioni primordiali è stato capace di rendere la Formula 1 un appuntamento con i poemi omerici fatto di pneumatici, asfalto, propulsori, capace di smuovere gli slanci più sopiti degli sportivi. Quando si è artefici di questo, i numeri, le statistiche, le classifiche perdono di significato. 

Monumento ad Ayrton Senna, ad Imola

        Si rimane estasiati di fronte alla magia delle emozioni, delle gesta clamorose, della fascinazione che si staglia sui volti di chi ricorda -anche solo per un attimo- il nome di chi lo ha fatto sobbalzare dalla sedia durante una diretta televisiva. Perché -quando la creazione si manifesta- si è poeti non solo con la penna fra le mani, ma anche con un volante per tracciare capolavori in pista.

Francesco Clemente

25 giugno 2025

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